lunedì 15 novembre 2010

L’ascolto nella mediazione

L'ascolto, in una mediazione, serve a produrre due enormi vantaggi: raccogliere dati preziosi, e dare importanza agli interlocutori (ottenendone in cambio, come naturale conseguenza).
Ascoltare è molto diverso da “sentire.
E’ molto lontano anche da “rispondere”, lontanissimo da “replicare”.
L’opposto di “discutere”.

La richiesta di ascolto è connaturata ad ogni essere umano: chiunque ha bisogno di riconoscimento, cioè di  essere riconosciuto dagli altri nella propria identità, nel proprio io e nelle proprie esigenze e difficoltà (in genere reali, a volte presunte...) ed aspirazioni.

Un mediatore capace di ascoltare riesce a conoscere meglio l'altro e, quindi, a tenere meglio sotto controllo la componente emotiva del rapporto che, non potendo essere eliminata del tutto, va gestita in modo efficace.
L’arte di ascoltare può essere imparata. La strada verso la padronanza di quest'arte passa attraverso l'ascolto attivo, cioè un modo di ascoltare che non si limita a recepire, ma che "prende l'iniziativa" per stimolare e gratificare la controparte, e in tal modo testimoniarle riconoscimento. Per offrire questa testimonianza nel miglior modo possibile bisogna sforzarsi di non giudicare. Si accetta l'altro com'è, semplicemente lo si ascolta, e anzi gli si dimostra che si va oltre l'ascolto, si punta alla comprensione. Le tecniche per conseguire questo obiettivo sono diverse e articolate, pur se sostanzialmente semplici e di facile padronanza.

L’ascolto attivo permette di raggiungere diversi obiettivi importantissimi per l’esito finale di una mediazione:
  1. aiuta a risolvere i problemi degli altri dando loro l’occasione di parlarne e di chiarire, così, il loro pensiero;
  2. riduce la tensione e dare all’altro la possibilità di sfogarsi, liberando l’atmosfera da tensioni e ostilità;
  3. facilita la collaborazione da parte di chi, sentendosi accolto ed accettato, smette di difendere ad ogni costo il suo punto di vista;
  4. promuove la comunicazione che spesso si interrompe perché una delle parti ha smesso di ascoltare;
  5. sviluppa una mente attiva nella costante ricerca di ciò che sottende l’argomentazione posta al livello cognitivo;
  6. può accrescere il concetto di sé e dell’altro che acquistano pari dignità, pari livello e pari valore.

Ascolto attivo significa:
1. sospendere i giudizi, non definire l'interlocutore o quello che dice. Dobbiamo solo seguire il suo pensiero, ascoltate per capire e non per giudicare;
2. osservare ed ascoltare, raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione contingente;
3. mettersi nei panni dell'altro, cercare di assumere il punto di vista del proprio interlocutore e condividendo le sensazioni che manifesta;
4. verificare la comprensione, facendo domande, parafrasando, chiarendo, riassumendo ciò che abbiamo capito o gli aspetti concreti di ciò che l’interlocutore ci ha detto.

Le ''Sette Regole dell'Arte di Ascoltare'' di Marianella Sclavi:
  1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca.
  2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista.
  3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva.
  4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi.
  5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze.
  6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti.
  7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare un metodo umoristico. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da sè.
E per finire una carrellata sulle cattive abitudini (e pessima educazione) per riconoscere a colpo d'occhio di quelli che non ascoltano:

   1. interrompono
   2. saltano alle conclusioni
   3. finiscono la frase mentre l’altro sta ancora parlando
   4. cambiano argomento di frequente
   5. non fanno attenzione al linguaggio del corpo
   6. non rispondono a ciò che gli si dice
   7. non fanno domande e non danno un feedback
   8. cercano di convincervi con la logica
   9. svalorizzano
  10. interpretano
  11. consolano
  12. danno ordini
  13. mettono in guardia
  14. fanno la predica.


Bibliografia
Burley –Allen M.  – Imparare ad ascoltare – Franco Angeli  2003
Liss J. – L’’ascolto profondo – La Meridiana 2004
Fisher R. Brown S. – Troviamo un accordo  Corbaccio 2008


2 commenti:

  1. Bellissimo ed Utilissimo articolo! Davvero complimenti... questo dimostra l'attualità dello sconfinamento del Marketing verso il Societing.
    Sempre più Sociologi e Umanisti e sempre meno aziendalisti... A presto!

    Francesco

    RispondiElimina