mercoledì 14 aprile 2010

Chi gestisce il blog aziendale?

  Un articolo pubblicato un po’ di tempo fa da Entrepreneur  solleva una questione tutt’altro che secondaria  e tutt’altro che risolta.
E’ ormai un dato di fatto che gestire un blog, gli account su Twitter,  Facebook ecc.  e tenere aggiornati i profili su tutti i social network professionali (Linkedin, Viadeo ecc.) è diventato quasi un lavoro a tempo pieno. E questo soprattutto per i professionisti o i singoli che si avventurano da soli nel meraviglioso mondo del web 2.0.
Tutti siamo d’accordo che ormai non se ne può più fare a meno e ormai sono tante le aziende che stanno pensando a cosa fare e a come farlo senza avere i mezzi e le strutture delle grandi che sono già partite. 
La questione principale è però un'altra: chi fa tutte queste cose tutti i giorni in un’azienda media italiana?

Il blog deve essere “personale” e “dialogico”. Ottimo. 
Ma quanti amministratori delegati passano qualche ora del loro tempo quotidiano di lavoro a inventare, scrivere e pubblicare post?
E se non  lo fa l’amministratore delegato, allora chi?
Il Direttore delle Relazioni Esterne? Forse, se c’è. 
Il Capo Ufficio Stampa? Forse, se c’è. 
Il Direttore Marketing? Forse, se c’è.

Il punto è che la maggior parte delle aziende italiane di sicuro ha un Direttore Commerciale/Marketing, forse ha un Addetto Stampa, raramente ha una Direzione Relazioni Esterne strutturata.
E ancora: chi è in grado di fare un lavoro del genere? Che competenze deve avere?
Entro quali limiti si può muovere?

La questione diventa quindi se e come affidare all’esterno il lavoro di gestire la presenza aziendale online, a monte della quale spesso si trova quella di chi gestisce la comunicazione aziendale tout-court.

Gianluigi Zarantorello, in un suo articolo sul magazine Ferpi, sostiene che “L’equilibrio ideale dunque è di avere delle risorse interne che dedichino almeno una parte continuativa del loro tempo a seguire in prima linea il dialogo sotto la guida e il supporto consulenziale di esperti qualificati del settore.
Un corretto approccio poi richiede un pensiero strategico che non può essere delegato alle persone più operative, ci deve essere un committment dall’alto e un investimento, più che di denaro, di tempo e attenzione.” 
In linea di massima condivido l’approccio, anche se spesso il problema, per i consulenti, è proprio quello della mancanza di una linea strategica definita.

Proviamo allora a capovolgere il discorso: in Italia ci sono moltissime aziende che affidano ad agenzie esterne le Relazioni Pubbliche, l’Ufficio Stampa, le attività di Lobbing, l’organizzazione di eventi “tutto compreso”.
Non c’è dubbio che si tratti di attività di rilevanza strategica primaria, tanto più che spesso le aziende che lo fanno non hanno uffici interni incaricati di gestire la loro comunicazione.
La domanda quindi è: se un’agenzia può gestire senza che nessuno trovi niente da dire settori chiave come le relazioni con i giornalisti e con gli investitori, per non parlare di quelle con le istituzioni, perché suona tanto strano pensare di affidare all’esterno anche la redazione dei post di un blog da far rimbalzare su altri social?
I blog sono cruciali perché sono ormai riconosciuti come il “motore primo” da cui far scaturire le conversazioni online.
 L’importante è affidarsi a qualcuno che sia competente di diverse cose e fare un piano d’azione degno di questo nome.
 Negli U.S.A. esistono i ghostblogger che per mestiere scrivono per le aziende o per chiunque voglia tenere un blog. E hanno elaborato approcci interessanti.
Ma di questo parleremo nel prossimo post.
 

giovedì 8 aprile 2010

Come si fa a "mettere al centro il cliente"?

Molto interessanti queste riflessioni del prof. Renzo Rizzo dell'Istud Business School sulla mentalità necessaria a fare in modo che le aziende mettano realmente il cliente al centro del loro business.
Quello sulla cura del cliente è un discorso che circola da un po', ma di solito gli enunciati di principio si traducono poi in software per la customer satisfaction e poco altro.
Essere veramente orientati al cliente significa mettersi in gioco e diventare creativi, inventare qualcosa di nuovo piuttosto che migliorare quello che già c'è.
E' lo stesso concetto della "Strategia oceano blu", che predica l'apertura di "oceani nuovi e blu" piuttosto che la competizione in quelli resi "rossi" dalle azzannate reciproche che le aziende si infliggono per rubarsi gli stessi clienti.
Nel libro si parla del Cirque du Soleil, tra gli altri, come un esempio lampante di nuovo oceano blu. Sono passati diversi anni e direi che l'esperimento è riuscito ed è ancora ineguagliato.
E' davvero tanto complicato farsi venire idee nuove?

sabato 3 aprile 2010

La resilienza e il fiore di loto

Mai come adesso è necessario adottare atteggiamenti nuovi davanti a problemi vecchi.
Le crisi sono cicliche, sia collettive che individuali.
Ogni tanto arriva l’ondata, l’uragano, la scossa che spalanca il terreno sotto i piedi.
Non si può evitare.
Ma si può imparare a non restarci sotto e a conservare quel tanto di vitalità per imparare, crescere e uscirne più forti di prima.

Nietsche diceva ” Quello che non ti uccide ti rende più forte”. Bello. Ma come si fa?

Serve essere resilienti. Qualcuno, fortunato, ci nasce. Agli altri non resta che imparare. La buona notizia è che si può.

Resilienza significa "riprendersi" dalle esperienze difficili, cioè da tutte quelle circostanze avverse, di qualsiasi natura, di fronte alle quali periodicamente ci ritroviamo: difficoltà, traumi, tragedie, minacce, problemi familiari e relazionali, problemi di salute o situazioni finanziarie e lavorative pesanti.

Per accrescere la resilienza ciascuno deve trovare il suo modo: non ce n’è uno che va bene per tutti.
Però ci sono dei suggerimenti dell’American Psychological Association che possono tornare utili:

Creiamo rapporti.
Avere buone relazioni con i familiari più prossimi, con gli amici o con gli altri è importante e rafforza la resilienza così come l’accettare aiuto e sostegno Alcuni, per recuperare speranza, trovano utile essere attivi in gruppi civici, organizzazioni religiose, o associazioni di vario tipo.
Ricordiamoci che sostenere gli altri nel momento del bisogno può portare grandi benefici anche noi.

Evitiamo di vedere le crisi come problemi insormontabili.
Non possiamo evitare che accadano eventi molto stressanti, ma possiamo cambiare il nostro modo di interpretarli e di reagire ad essi.
Guardare “un po’ più in là”, oltre il presente, può fornirci la vita d’uscita giusta e a intravedere nel futuro circostanze migliori.
Un po’ come dire a se stessi “quando si tocca il fondo si può solo risalire!”.

Accettiamo il fatto che il cambiamento è parte della vita.
Certi obiettivi possono cambiare a causa di circostanze avverse.
Accettare le situazioni che non possono essere modificate può esserci d'aiuto per concentrarci su quelle che possiamo cambiare.

Muoviamoci verso i nostri obiettivi.
Diamoci obiettivi realistici e facciamo azioni, anche piccole, regolari per realizzarli. Domandiamoci
"Che cosa posso fare oggi che mi faccia muovere nella direzione in cui voglio andare?".


Compiamo azioni decise.
Nelle situazioni avverse, per quanto possiamo, agiamo. Passiamo all’azione invece di estraniarci o elucubrare aspettando o sperando che i problemi spariscano da soli. Difficilmente succederà.

Cerchiamo la lezione da imparare.
Ogni volta che ci troviamo in difficoltà abbiamo l’occasione di imparare qualcosa su noi stessi. Dalla lotta nelle situazioni difficili molti escono cresciuti e trasformati. Sono tante le storie di persone che hanno attraversato esperienze per poi avere relazioni migliori, maggiore consapevolezza della propria forza, più autostima, una spiritualità più sviluppata e hanno apprezzato di più la vita.

Nutriamo una visione positiva di noi stessi.
Manteniamo la fiducia nella nostra capacità di risolvere problemi e fidiamoci dell’aiuto del nostro istinto.

Manteniamo la prospettiva.
Anche di fronte a eventi molto dolorosi, consideriamo le situazioni stressanti in un contesto più ampio e manteniamo una prospettiva di lungo periodo. Evitiamo di drammatizzare e di gonfiare oltre misura gli eventi.

Manteniamo una visione fiduciosa.
L’ottimismo ci permette di aspettarci che nella nostra vita succedano cose buone. Restiamo concentrati su ciò che vogliamo piuttosto che preoccuparci di ciò che temiamo.

Prendiamoci cura di noi.
Facciamo attenzione ai nostri bisogni e sentimenti. Cerchiamoci attività che ci piacciano e ci rilassino.

Impariamo dal passato.
Mettere a fuoco le esprienze passate e i nostri punti di forza ci può aiutare ad individuare le strategie più adatte a sviluppare la nostra resilienza.

Per rafforzare la resilienza, infine, qualcuno scrive su un diario i suoi pensieri e sentimenti più profondi, altri usano la meditazione e le pratiche spirituali. Il punto è capire quali sono, per ciascuno di noi, i modi più adatti ed efficaci.

In definitiva, quindi, la decisione da prendere è solo una: guardare dentro se stessi onestamente e attingere alle nostre risorse piuttosto che aspettarci il “miracolo” da fuori.

Potremmo imparare dal fiore di loto, che nasce nel fango e di esso si nutre ma resta puro e integro. Può essere doloroso e di sicuro non è semplice. Ma se abbiamo il coraggio di farlo, allora i miracoli succedono davvero.